mercoledì 13 febbraio 2008

Mistificazioni - 1

Non c’è bisogno di mentire spudoratamente: nel dibattito pubblico, per dar forza alle proprie asserzioni anche se infondate, basta mistificare. E’ semplice: dare un dato storico errato, tacere su una controprova, talvolta sovvertire la consequenzialità logica dei fatti e delle tesi senza temere il principio di non contraddizione.
Alla mistificazione siamo esposti continuamente, ma in queste poche settimane che ci separano dalle elezioni saremmo esposti ad un bombardamento senza precedenti.
Chi mistifica ha uno scopo normalmente troppo poco condivisibile per poter essere espresso chiaramente, soprattutto a coloro di cui si vuole il consenso, ancor più se si tratta di compagni di strada, ma anche amici, ma anche cittadini consumatori e “insomma basta che mi dai il voto”.

In questo viaggio attraverso le mistificazioni elettorali, cominciamo da un articolo a firma Tito Boeri (uno dei consigliere dell’aspirante principe veltroniano) apparso su La Stampa dell’11 febbraio in cui il noto economista sostiene che l’aumento della spesa pubblica è dovuto ai ricatti dei piccoli partiti. Ora chi ha un minimo di memoria storica ricorderà che i partiti della spesa in Italia sono sempre stati i grandi partiti che hanno portato avanti una politica assistenziale e di spreco delle risorse pubbliche che paghiamo ancora oggi (e che pagheremo per lungo tempo). Non si è trattato sempre di richieste immotivate, o motivate soltanto dal bisogno del consenso elettorale, ma certo DC e PCI il baratro della spesa pubblica lo hanno scavato allegramente, malgrado la feroce opposizione ad es. di PLI e PRI che non potevano proprio essere definiti colossi dal punto di vista dei consensi. Né le cose sono cambiate con l’avvento del maggioritario.

Ricordiamo a chi soffre di smemoratezza, che sull’extragettito si accese la battaglia su chi voleva utilizzarlo per ridurre il debito e chi voleva lo sgravio ICI, ovvero Rutelli. Ora non so quali siano i requisiti dimensionali che Boeri pretende dai grandi partiti ma la Margherita vantava un 10% di consensi e lo sgravio ICI sarebbe pesato, sia pure indirettamente sulle casse statali (ma forse i comuni e gli enti locali in genere non si conteggiano, neppure ai fini dei costi della politica).

Se il ragionamento di Boeri fosse logicamente coerente, l’aumento dei salari nel pubblico impiego che prende ad esempio, avrebbe fruttato ai cosiddetti nanetti il dividendo elettorale di matrice sindacale: tuttavia trovo difficile asserire che i sindacati della Triplice siano i grandi elettori dei Verdi o dell’Udeur o dei diniani etc., e non piuttosto del pd. Nel campo avverso vale lo stesso ragionamento: la finanza creativa con i suoi lasciti disastrosi è frutto delle menti di Forza Italia, non certo del partito di Rotondi. Che poi tanti piccoli si accodino giulivamente pretendendo la propria parte al lassismo dei grossi è una conseguenza quasi inevitabile.

E siccome l’aumento della spesa è colpa dei piccoli, il nostro declama che è ora di eliminarli, se non è possibile con la legge elettorale non dandogli spazio nelle coalizioni. Da qui peana a Veltroni e conclusioni “ Molti piccoli partiti sparirebbero come d’incanto e, durante la prossima legislatura si potrebbe dotare l’Italia di una legge elettorale che non abbia un “ellum” come suffisso e ridurre il numero dei parlamentari, permettendo finalmente agli elettori di scegliere e a chi verrà eletto di poter davvero governare”.

Come si vede da una premessa volutamente scorretta (quindi mistificata) si giunge ad una conclusione chiara: l’obiettivo è la creazione di una “democrazia” oligopolistica forzosa, ovviamente a chiaro vantaggio di date forze politiche. Lasciamo andare per ora la considerazione che i cittadini che si sentono rappresentati da formazioni più piccole del 30% non sono delinquenti né cittadini di serie B e che le cause della frammentazione chiamano alla sbarra tutto un sistema politico incapace di esprimere qualcosa di più della retorica pubblicitaria e soffermiamoci sulla contraddittorietà intrinseca e rivelatrice della conclusione, quella scelta degli elettori solo apparente.

La scelta presuppone una pluralità di offerte, non un duopolio (sensibile agli accordi di cartello), ma oltre al duopolio si aggiunge la riduzione dei parlamentari che ha lo scopo di preservarlo: benchè sia spacciato come utile alla riduzione dei costi della politica (in realtà il beneficio sarebbe marginalissimo, poiché i veri costi sono altrove, in greppie che chi ha il controllo degli enti locali – e ci pare che siano i grossi partiti – non intende toccare) è assai utile alla riduzione della rappresentanza: la quantità di voti necessaria all’elezione di un singolo parlamentare in bacini elettorali più vasti sarebbe tale da garantire sonni tranquilli al duopolio per i prossimi 5.000 anni e da stroncare sul nascere qualsiasi possibilità di concorrenza. Certo i contrasti si trasferirebbero dalla triste trasparenza dei conflitti tra partiti alla squallida segretezza degli scontri tra correnti, ma la gestione del potere metterebbe poi tutti d’accordo, abbiamo già visto anche questo.

Il fine della mistificazione è chiaro, ma sarà ancora e ancora declinata nel corso dei giorni. Procuriamoci gli anticorpi.

[M]

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