mercoledì 27 febbraio 2008

IL CAMPO DEI CARDI?







And now for something completely* different:

*mica tanto...


La vicenda del Kosovo mostra come l'Inghilterra tema la perdita del Regno Unito con il procedere dell'integrazione europea, e questo sia una delle cause, forse la principale, delle sue resistenze:

Kosovo could end Scotland’s European dream

By Simon JamesPublished: February 26 2008 17:59 Last updated: February 26 200817:59

Kosovo’s independence must have cheered Scotland’s nationalists. The birth of another, smaller state in Europe is, on the face of it, a distant but useful precedent for them. However, the diplomatic fallout over recognition of the newcomer has ominous implications for the separatists in minority government in Edinburgh. Half a dozen European Union states fear the example that is being set for ethnic minorities within their borders. If Scotland ever votes for independence these states could easily make an example of it by blocking Scottish membership of the EU. The opponents are vehement.

Cyprus, determined toavoid any example that might confer legitimacy on the self-proclaimed Turkish Republic of North Cyprus, denounced Kosovo’s declaration of independence as “a violation of the territorial integrity and sovereignty of Serbia”, which, Erato Kozakou-Marcoullis, the foreign minister, said “would set a dangerous precedent”. Feeling is equally strong in Slovakia and Romania, where ethnic Hungarians make up 10 per cent and 6 per cent of the population respectively. The parliaments of both countries rejected recognition of Kosovo by huge majorities. Some Slovak deputies openly accused their Hungarian compatriots of planning secession. As Traian Basescu, Romania’s president, bluntly told a Nato meeting, this is “a risky precedent ... what message are we sending to multi-ethnic societies or to others that are facing ethnic issues?”


Spain has better reasons for apprehension. Separatists in the Basque region, some of whom have now resumed violence, look openly to Kosovo (and Scotland) for encouragement. Other regions – Catalonia, Valencia, Galicia – are also pressing for greater autonomy. Spain, in a commendably communautaire spirit, spent most of 2007 pressing EU colleagues behind closed doors to brake Kosovo’s enthusiasm, but José Luis Rodríguez Zapatero, Spain’s prime minister, has now publicly joined the ranks of the opponents. All four countries have refused to recognise the new state and vetoed a common EU position .

Greece and Bulgaria, also sensitive about minorities, are withholding recognition for now and making worried noises about regional stability. Belgium, a fragile federation, agreed to recognition only afteran awkward cabinet wrangle. Scotland’s nationalists have always affected breezy insouciance about Europe, asserting that an independent Scotland would automatically remain an EU member state. Not necessarily. Legal analysis by University College London’s Constitution Unit suggests that Scotland would not automatically inherit membership. Nationalist lawyers rely on the Vienna Convention, designed to clarify post-colonial states’ adherence to treaties that their former masters had signed. But the convention is weak; only 21 countries have signed it, none of them major states, and only five from the EU.

Furthermore, the convention does not apply if it would radically alter the Treaty of Rome – which admitting Scotland to the EU must do, not least to give it voting rights in the Council of Ministers and European Parliament. The Scottish nationalists’ fallback is to argue that other EU states would never lock Scotland out. Most EU members, including probably the residual UK, would probably reason like that .

Yet this seriously underestimates thefear that runs through those countries that oppose Kosovo’s independence. Their motivation is nationalist and, like the Scottish National party, they put their nation first. Nationalism in the Balkans is a raw, visceral force that the milder political culture of western Europe easily underrates. If these countries think Scottish independence will encourage their separatists – and Basque leaders and Turkish Cypriots have openly hailed Kosovo as a precedent – blocking Scottish EU membership would be their only means of hindering it.

If a single EU member, let alone several, announces it will veto changes to the Treaty of Rome to accommodate a secessionist state, Scottish nationalism is powerless. This uncertainty could be cripplingly harmful to Scottish separatists. Half of Scotland’s trade is with the EU and “Scotland in Europe” is a centrepiece of separatist strategy.

As the debate on independence picks up, voters willseek reassurance that they will not be locked out on the doorstep. With the legal omens unhelpful, and a cluster of EU states looking hostile, Scotland’s famously canny voters may shy away from a game of Balkan roulette.

The writer is an honorary senior research fellow at the Constitution Unit at University College, London

Noto con sommo godimento che la Padania non è annoverata nell’articolo. Vi terrò aggiornati se qualcuno sarà capace di indirizzare una letterina all’Editor del FT ...

Guardiamo al futuro: va riaffermato il principio della corrispondenza fra quantità di popolazione e rappresentanti nel Parlamento Europeo, altrimenti nemmeno le istituzioni europee saranno più credibili.

In un'Europa allargata la ex Yugoslavia sarà il paese che alla fine avrà più deputati al Parlamento europeo?


Al di là della Notizia, di Ferdinando Riccardi: UE/Kosovo: il discorso ufficiale non dice tutta la verità

26 February 2008
(c) Agence Europe, Brussels 2008. All rights reserved.
AL DI LÀ DELLA NOTIZIA

L'UE è nel contempo unita e divisa. Nel caso del Kosovo, quello che non viene detto è almeno equivalente a quello che si dice. Le dichiarazioni ufficiali e i discorsi delle autorità mascherano gran parte della realtà. Il risultato è stato che vari mezzi d'informazione hanno presentato l'atteggiamento dell'UE da un unico punto di vista, mentre ce ne sono due. Erano possibili due presentazioni del suo atteggiamento, e ogni mezzo d'informazione ne ha privilegiato solo uno: o che l'UE si è spaccata in due parti, perché alcuni Stati riconoscono il Kosovo indipendente e altri no, oppure, che ha una posizione comune, grazie alla dichiarazione adottata all'unanimità e all'avvio dell'operazione europea di sostegno e di sorveglianza (Eulex). Entrambi questi aspetti sono veridici e in questa rubrica avevamo insistito sulla loro coesistenza (vedi EUROPE n.9605). Per Javier Solana, il bilancio europeo è nettamente positivo. Egli ha dichiarato: “collettivamente, l'UE, le sue istituzioni, hanno preso una decisione molto importante ed è ciò che l'UE doveva fare in quanto insieme”, mentre il riconoscimento di un nuovo Stato è di competenza di ogni singolo Stato membro. Stessa interpretazione, quella data dal presidente del Consiglio, Dimitrij Rupel: “l'UE è stata in grado di esprimersi con voce unica e di rimanere unita”. Secondo Bernard Kouchner, ministro degli esteri francese che era stato rappresentante dell'ONU in Kosovo dal 1999 al 2001, “non si puo' dire che gli europei siano divisi; è una grande vittoria dell'Europa”. Questa lettura maschera la divergenza sull'esistenza del nuovo Stato.
Posizioni nazionali comprensibili. Caso per caso, le posizioni dei diversi governi sono comprensibili. La posizione negativa più ferma, quella di Cipro, si spiega per la situazione sull'isola. La parte settentrionale di questa ha proclamato la propria indipendenza e, di fatto, si è separata sotto la protezione dell'esercito turco. Se adesso si ammette un'indipendenza autoproclamata, come dichiarare illecita e non avvenuta quella di Cipro? Vero è che l'ONU non riconosce la Repubblica turca di Cipro, ma neppure il Kosovo.
Gli altri Stati membri opposti o reticenti sono tutti confrontati a rivendicazioni interne di indipendenza o di autonomia. È vero che il Regno Unito è tra i paesi che hanno riconosciuto il Kosovo indipendente, ed ecco che, senza indugiare, in sessione plenaria del Parlamento europeo, l'eurodeputato scozzese Ian Hudghton ha dichiarato: “vorrei vedere la Scozia nell'UE in quanto nazione e non in quanto osservatore”.
Dibattito rivelatore. Il dibattito al PE ha mostrato che le affermazioni solenni sul carattere unico del caso del Kosovo, che non rimette in discussione il principio “della sovranità e dell'integrità territoriale degli Stati”, non sono condivise da tutti. Vero è che una netta maggioranza del Parlamento europeo, pur affermando che sarebbe stato preferibile uno statuto negoziato, ha ritenuto che si dovesse “accettare la nuova realtà” a due condizioni: il nuovo Stato dev'essere democratico e rispettare le minoranze, il suo avvenire e quello della Serbia sono nell'UE in quanto futuri Stati membri. Secondo questa maggioranza, l'atteggiamento serbo attuale non dev'essere drammatizzato: l'on. Neyts-Uyttebroeck ha ricordato che ci sono voluti nove anni perché i Paesi Bassi riconoscessero l'indipendenza del Belgio. Secondo il deputato ungherese Csaba Tabajdi, il Kosovo potrebbe persino rappresentare un precedente positivo in quanto esempio del rispetto dei diritti delle minoranze.
Ma alcuni gruppi politici minoritari non sono d'accordo. Il gruppo GUE/NGL ha condannato fermamente l'approvazione europea della decisione delle autorità di Pristina. Secondo il suo presidente, Francis Wurtz, questo atteggiamento indebolisce pericolosamente la credibilità del diritto internazionale, aprendo la strada ad altre indipendenze autoproclamate. Ed è scettico a proposito delle conseguenze, fondandosi sul fallimento del protettorato dell'ONU, di cui ha riassunto i risultati come segue: “Un PIL equivalente a quello del Ruanda, metà della popolazione attiva disoccupata, più di 200.000 profughi e sfollati, si moltiplicano le violenze nei confronti delle minoranze. Questo, nonostante un aiuto internazionale di 2 miliardi di euro e la presenza di 17.000 soldati della NATO. (...) Non è certo Eulex che risolverà questi problemi”. Secondo il gruppo di sinistra, l'atteggiamento dell'UE pone i rapporti di forza al di sopra del diritto e “alimenterà i nazionalismi, invece di eliminarne le cause”. L'UE riconoscerebbe così la purificazione etnica e il rischio che il nuovo Stato favorisca i traffici illegali.
Il dibattito parlamentare, quindi, non ha nascosto le perplessità e le riserve, che sono state ancora più numerose al di fuori delle istituzioni europee, ivi compreso tra alcuni governi. I dubbi sono parecchi e i pericoli sono stati denunciati. Questa rubrica ne farà un resoconto nei prossimi giorni e riferirà sui motivi (obiettivamente validi) che hanno imposto la posizione ufficiale.


Al di là della Notizia, di Ferdinando Riccardi:

L'UE e il Kosovo indipendenti: ombre e luci, certezze e perplessità
20 February 2008
(c) Agence Europe, Brussels 2008. All rights reserved.


Evitare la demagogia. Sarebbe relativamente facile per il Kosovo, ironizzare sull'assenza di posizione uniforme UE: in merito ad alcuni aspetti essenziali non vi è un atteggiamento europeo sul riconoscimento del nuovo Stato. E' vero ma si dovrebbe sapere che una politica estera comune non esiste ancora, e che per ora non può esistere. Una certa retorica lo deplora e si indigna, chiedendo decisioni a maggioranza nel settore: è demagogia. Chi raccomanda una politica estera UE decisa a maggioranza è pronto ad accettarne i risultati… se sono conformi alle sue posizioni. Non dimentichiamo la guerra in Iraq: chi rifiuta di parteciparvi, avrebbe accettato di inviarvi i suoi soldati se fosse stato il risultato di un voto europeo? E chi voleva essere al fianco degli USA, vi avrebbe rinunciato nel caso contrario? Se l'UE avesse avuto una politica estera e di difesa decisa a maggioranza, una tale politica sarebbe scoppiata. Fino a che l'UE non avrà responsabilità militari e forze armate, le decisioni da cui dipendono guerra e pace, l'invio di giovani alla guerra rischiando la vita, restano nelle mani dei Parlamenti e dei governi nazionali. E' inevitabile.
Nei dibattiti a riguardo torno sempre a Jacques Delors. Si sa cosa gli deve l'unità europea e che amava le sfide e l'audacia; ma per la politica estera e di difesa, respingeva la demagogia. Ha sottolineato nelle sue Memorie che vi sono casi in cui gli interessi politici dei paesi membri coincidono, ed è allora possibile agire insieme; ma ogni paese possiede tradizioni proprie, la propria storia, le proprie relazioni privilegiate. L'UE deve abituarsi a “edificare azioni comuni ogni volta che vi è convergenza di analisi, di interessi e di volontà di azione” lavorando progressivamente per fare emerger le posizioni uniformi ma “non si può progredire solo con azioni comuni chiaramente definite, per le quali è possibile un consenso”.
Un “protettorato” europeo. E'quello che sta facendo l'UE per il Kosovo. Non vi è unanimità sul riconoscimento del nuovo Stato, il nostro bollettino di ieri ha indicato motivi e posizioni di ognuno ma vi è unanimità (con l'astensione cipriota) sulle iniziative da prendere. Pur garantendo un “futuro europeo” alla Serbia e al Kosovo, l'UE assumerà in Kosovo responsabilità tali che portano alcuni commentatori a parlare di protettorato (senza mandato ONU). La missione civile in base alla Pesd (2000 poliziotti, magistrati e agenti doganali) comprenderà cittadini dei paesi UE che non riconoscono il nuovo Stato. Non si deve dimenticare che il paese non avrà un vero esercito, né un ministro della Difesa, né degli Esteri, né un seggio all'ONU.
Le differenze nelle posizioni nazionali sul riconoscimento del nuovo Stato sono decise dal timore che il testo dei kosovari divenga un esempio e un precedente giuridico o politico per altre situazioni altrove. Secondo il Consiglio il paese è un caso particolare che non rimette in discussione i principi di diritto internazionale, in particolare la sovranità e l'integrità di questi Stati.
Un caso speciale salvo per la stessa zona. Sarebbe pericoloso e illogico assimilare il caso del Kosovo ad altri, ma dubito che tale specificità sia possibile nella stessa area e per la popolazione oggi invitata ad accettare la secessione del Kosovo, cioè la popolazione serba. Se le frontiere ufficiali (che affermano che il Kosovo è una regione serba) non sono valide, non possono nemmeno esserlo per le zone vicine, dove la popolazione di origine serba è maggioritaria, che si tratti di una parte del nuovo Stato kosovaro o per la parte serba della Bosnia Erzegovina. Tali popolazioni devono poter scegliere tra autonomia o adesione alla Serbia. Nessun cavillo giuridico può contestare tale evidenza: se in questa zona le frontiere riconosciute a livello internazionale non sono più valide in un senso, non lo sono nemmeno nell'altro.
La dignità di uno Stato. Al di là del periodo iniziale, il nuovo Stato si preoccuperà probabilmente di provare che è in grado di vivere con i propri mezzi. E'un problema di credibilità e dignità. L'UE fornirà sostegno e cooperazione ma un paese indipendente deve mostrare la volontà e la capacità di esistere da solo. Alcuni casi recenti non possono e non debbono essere un precedente.
(F.R.)


Al di là della Notizia, di Ferdinando Riccardi:
Dopo la scelta europea della Serbia, si auspicano due iniziative da parte dell'UE
6 February 2008
(c) Agence Europe, Brussels 2008. All rights reserved.
AL DI LÀ DELLA NOTIZIA

Difficili, ma giustificate. Adesso che i serbi hanno dimostrato il loro spirito democratico (la partecipazione alle elezioni è stata del 67%) e la loro volontà di aderire all'UE, spetta a quest'ultima, al di là delle frasi di circostanza, reagire in modo concreto prendendo due iniziative: a) indicare che è pronta a firmare l'accordo di stabilizzazione e di associazione UE-Serbia; b) tener conto di quello che avverrà a proposito dell'indipendenza del Kosovo nel proprio atteggiamento nei confronti delle maggioranze serbe nei paesi vicini.
So bene che questi due suggerimenti saranno accettati molto difficilmente subito tali e quali, perché alcuni governi europei hanno riserve al riguardo e il coraggio e la schiettezza non sono le qualità principali delle istituzioni europee. Riguardo alla firma dell'accordo UE-Serbia già pronto, l'ostacolo politico principale viene dai Paesi Bassi e, in parte, si puo' spiegare. Né l'opinione pubblica, né le autorità di questo paese hanno dimenticato che il crimine di guerra più doloroso di cui si erano rese colpevoli le forze armate serbe dodici anni fa (il massacro di Srebrenica, 7.000 morti) era stato commesso in una zona sorvegliata dai “caschi blu” olandesi e chiedono che le autorità serbe attuali consegnino al Tribunale de L'Aia colui che allora era al comando e che è accusato di genocidio. Questa sensibilità dell'Olanda è comprensibile, ma il legame tra il mancato arresto di Ratko Mladic e il veto alla firma dell'accordo con la Serbia democratica e pro-europea odierna è eccessivo. Quale paese non è stato responsabile, un giorno o l'altro, di crimini di guerra? Erano forse giustificabili alcuni bombardamenti delle forze della NATO che avevano distrutto i ponti sul Danubio, uno dei fiumi sacri dell'Europa, a scapito di popolazioni che non avevano nulla a che vedere con il crimine di Srebrenica?
L'UE ha fatto un passo, proponendo alla Serbia di firmare questo giovedì stesso un accordo politico provvisorio, e si tratta di un passo rilevante, perché le riserve e le reticenze erano parecchie, anche da parte di alcuni grandi paesi, come la Germania e il Regno Unito (vedi il nostro bollettino n.9589); ma credo che adesso sia opportuno un passo ulteriore. Non dimentichiamo che, nei nostri paesi, il voto serbo di domenica era stato presentato come un referendum per o contro l'Europa.
Lo stesso principio è valido per i kosovari e per i serbi. Il secondo atteggiamento auspicabile è più complesso e delicato, ma credo che l'UE non possa fare a meno di dare un cenno di chiarezza politica e di onestà intellettuale. Tutti aspettano la proclamazione a più o meno breve scadenza dell'autonomia del Kosovo da parte delle sue autorità e la reazione americana sarà positiva, così come, generalmente, quella europea. Ma alcuni paesi dell'UE non intendono riconoscere subito il nuovo Stato indipendente, temendo di incoraggiare le velleità autonomistiche di alcuni movimenti al loro interno; ma globalmente, l'UE si orienta verso un riconoscimento del Kosovo indipendente. Questo atteggiamento risulta da una constatazione: il Kosovo è abitato prevalentemente oggi da una popolazione che non ha alcuna relazione con i serbi, né dal punto di vista etnico (è di origine albanese), né dal punto di vista religioso (è musulmana), né dal punto di vista culturale (altra lingua, altra storia, altre tradizioni); e chiede l'indipendenza. Di fronte a queste ragioni perentorie, i vecchi confini, tracciati a suo tempo tra le diverse componenti della Jugoslavia federale non sono più intoccabili.
Questo ragionamento non si puo' trasporre tale e quale a tutti i casi e in tutte le situazioni: nel mondo, regnerebbe il caos. Ma deve essere ammesso almeno nella stessa regione e nei confronti della stessa popolazione. Se i vecchi confini non sono più validi e se la scelta spetta agli abitanti, l'UE ha il dovere di riconoscere lo stesso principio per le zone in cui i serbi sono nettamente maggioritari, sia in alcune zone del Kosovo, in Bosnia o in altri posti. L'UE deve riconoscere a quei serbi un diritto analogo all'autodeterminazione; è una questione di dignità e di coerenza.
Per ora, le autorità serbe non chiedono nulla di simile, perché continuano a sostenere il rispetto dei confini attuali, in base ai quali il Kosovo fa parte della Serbia. Ma il giorno in cui dovranno rinunciare a questo stesso principio, anche se il Kosovo è la culla della loro civiltà, quel giorno, il diritto all'autonomia dovrà essere generalizzato in tutta la zona. L'UE ha respinto nell'ex-Jugoslavia il concetto della coesione etnica, adducendo principi indubbiamente nobili, benché siano in parte illusori (lo si vede ovunque, in Africa come in Asia, e forse lo si constaterà persino negli Stati Uniti). Se l'UE adesso riconosce il principio etnico e persino religioso, questo diventa valido per tutti. (F.R.)

Chi è Riccardi: http://www.cafebabel.com/en/article.asp?T=T&Id=11578


Vado a farmi un oban (che però è un whiskey unblended) . ah, oban è in basso a sx nella mappa . Chissà cosa succede se ci aggiungo un goccio di rakja *...


* non ho messo la voce di Wikipedia Italia che la definisce bevanda bulgara. Poi uno dice le misinterpretazioni...


[B]

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