lunedì 26 maggio 2008

Un giudice a Roma?

Per chi crede che non sia necessario arrivare a Berlino per avere un giudice, segnaliamo e riportiamo il ricorso di un cittadino italiano alla Corte Costituzionale a proposito della legge elettorale, sottratta a qualsiasi sindacato di costituzionalità per via ordinaria.
Il ricorso sarà discusso il 9 luglio.

ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE
RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE
dell’on. avv. Felice Carlo Besostri (C.F. BSS FCC 44D23 M172R), di Milano, cittadino elettore, iscritto alle liste elettorali del Comune di Milano (doc. 1), che si difende in proprio quale avvocato abilitato alle magistrature superiore, elettivamente domiciliato presso lo studio del dott. GianMarco Grez in Roma, Lungotevere Flaminio n. 46
premesso
- che ha partecipato in proprio e quale difensore di altri soggetti ammessi ai giudizi di ammissibilità di referendum abrogativi parziali del DPR 30.03.1957 n. 361 e del D.Legislativo 20.12.1993 n. 533, di cui si allega quella in cui era presente in proprio (doc. 2);
- che i sopraddetti giudizi si sono conclusi con le sentenze nr. 15, 16 e 17 del 16 gennaio – 30 gennaio 2008;
- che la Corte Costituzionale non ha ritenuto di seguire la Bundesverfassungsgericht, che con la nota sentenza Beschluss 22.05.1963, 2BvC 3/62, BVerfGE16/130 ha ritenuto che anche nel procedimento di verifica elettorale (Wahlprüfungsverfahren), benché non previsto dalla legge, avesse la competenza ad esaminare la costituzionalità della legge elettorale, che era chiamata ad applicare su ricorso contro una decisione del Bundestag;
- che, infatti, la Corte ha statuito: “6. – Questa Corte ha escluso – ancora in tempi recenti ed in conformità ad una costante giurisprudenza – che in sede di controllo di ammissibilità dei referendum possano venire in rilievo profili di incostituzionalità sia della legge oggetto di referendum sia della normativa di risulta (sentenze numeri 45, 46, 47 e 48 del 2005); «ciò che può rilevare, ai fini del giudizio di ammissibilità della richiesta referendaria, è soltanto una valutazione liminare e inevitabilmente limitata del rapporto tra oggetto del quesito e norme costituzionali, al fine di verificare se, nei singoli casi di specie, il venir meno di una determinata disciplina non comporti ex se un pregiudizio totale all'applicazione di un precetto costituzionale, consistente in una diretta e immediata vulnerazione delle situazioni soggettive o dell'assetto organizzativo risultanti a livello costituzionale» (sentenza n. 45 del 2005)” (sentenza nr. 15/2008);
- e parimenti “6. – Questa Corte ha escluso – ancora in tempi recenti ed in conformità ad una costante giurisprudenza – che in sede di controllo di ammissibilità dei referendum possano venire in rilievo profili di incostituzionalità sia della legge oggetto di referendum sia della normativa di risulta (sentenze numeri 45, 46, 47 e 48 del 2005); «ciò che può rilevare, ai fini del giudizio di ammissibilità della richiesta referendaria, è soltanto una valutazione liminare e inevitabilmente limitata del rapporto tra oggetto del quesito e norme costituzionali, al fine di verificare se, nei singoli casi di specie, il venir meno di una determinata disciplina non comporti ex se un pregiudizio totale all'applicazione di un precetto costituzionale, consistente in una diretta e immediata vulnerazione delle situazioni soggettive o dell'assetto organizzativo risultanti a livello costituzionale» (sentenza n. 45 del 2005)” (sentenza nr. 16/2008);
- che, tuttavia, a fronte delle argomentate opinioni espresse da illustri costituzionalisti quali i professori Vittorio Angiolini, Massimo Luciani e Costantino Murgia, ha tuttavia incidentalmente lanciato un avvertimento sia nella sentenza n. 15 che nella 16 del 2008;
- che, infatti, si legge che “L'impossibilità di dare, in questa sede, un giudizio anticipato di legittimità costituzionale non esime tuttavia questa Corte dal dovere di segnalare al Parlamento l'esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti e/o di seggi” (sent. Nr. 15/2008) e che “L'impossibilità di dare, in questa sede, un giudizio anticipato di legittimità costituzionale non esime tuttavia questa Corte dal dovere di segnalare al Parlamento l'esigenza di considerare con attenzione gli aspetti problematici di una legislazione che non subordina l'attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento, sia pure a livello regionale, di una soglia minima di voti e/o di seggi” (sentenza nr. 16/2008);
- che per prendere le decisioni in merito alla legge elettorale tuttavia occorreva che “ogni ulteriore considerazione deve seguire le vie normali di accesso al giudizio di costituzionalità delle leggi” (sent. 15/2008) e che “ogni ulteriore considerazione deve seguire le vie normali di accesso al giudizio di costituzionalità delle leggi” (sent. 16/2008);
- che, confidando che sulla base di così autorevole opinione si sarebbe trovato un giudice a Berlino (rectius a Roma!), tre cittadini elettori, gli avv. Prof. Giuseppe Bozzi di Roma, Aldo Bozzi di Milano e Giuseppe Porqueddu di Brescia, hanno promosso un ricorso innanzi al TAR Lazio (doc. 3);
- che l’avv. Besostri, al pari dell’on. dr. Domenico Gallo, magistrato presso la Suprema Corte di Cassazione, ha deciso di intervenire ad adiuvandum nel ricorso r.g. 1616/2008, assegnato alla sezione II bis (doc. 4);
- che il ricorso si è concluso con la sentenza n. 1855/2008 del 27.02.2008 (doc. 5), che ineffabilmente ha statuito che per rispetto della autodichia del Parlamento non vi era competenza del giudice amministrativo, né di quello ordinario, bensì delle Giunte delle Elezioni delle Camere elette con la legge elettorale di dubbia costituzionalità;
- che tale sentenza non ha potuto indicare né una norma regolamentare del Parlamento o del procedimento di verifica (sub regolamento parlamentare), né alcun precedente in cui si sia esaminato un ricorso di elettore prima delle elezioni contro i provvedimenti attuativi della legge elettorale, e non di liste non ammesse, di candidati non ammessi o non proclamati ovvero di elettori contro candidati proclamati;
- che la sentenza ha ignorato che non vi sono precedenti, che consentono di ritenere che le Giunte delle elezioni siano giudici che possono promuovere un giudizio incidentale di costituzionalità;
- che d’altra parte vi è il dubbio che la Giunta delle Elezioni possa essere considerato Giudice terzo in una questione che mette in discussione la maggioranza, di cui è stata espressa. Un giudice in causa propria ha l’obbligo di astenersi ai sensi dell’art. 51 cpc;
- che contro la sentenza del TAR Lazio i ricorrenti hanno interposto tempestivo appello (doc. 6) e l’avv. Besostri si è costituito (doc. 7), che altrettanto tempestivamente è stato deciso dal Consiglio di Stato, sez. IV, con la sentenza n. 1053/08 del 11-13 marzo 2008 (doc. 8);
- che tale sentenza ha ugualmente ritenuto inammissibile il ricorso in quanto la convocazione dei Comizi elettorali è atto inimpugnabile quale atto politico;
- che tale decisione ha comunque spazzato via la sentenza del TAR Lazio, aprendo, peraltro, un ben più grave problema: se l’atto di convocazione dei comizi è atto inimpugnabile, in quanto atto politico, lo stesso ben potrebbe convocare i comizi per data successiva al termine massimo previsto dall’art. 61, c. 1 Costituzione;
- che il problema si è posto con l’ordinanza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 1744/08 del 1 aprile 2008 per ricorso r.g. 2421/2008 (doc. 9), con la quale si è sospeso il provvedimento di diniego di registrazione/ammissione del simbolo della Democrazia Cristiana di Pino Pizza;
- che tale Ordinanza appare ineccepibile sia per la portata dell’art. 66 (Corte Costituzionale sent. 117/06), sia sotto il profilo della giurisdizione (CGA Ord. 218/2006);
- che il ventilato spostamento della data delle elezioni ha suscitato reazioni eccitate per violazione dell’art. 61 Cost.: se il decreto di convocazione dei comizi è atto politico, nessuna violazione dell’art. 61 Cost. potrebbe essere eccepita;
- che le decisioni della Magistratura amministrativa appaiono in contrasto con gli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che grazie all’art. 10, c. 1 e 117 c. 1 Cost. sono state incorporate nel nostro ordinamento costituzionale (Corte Costituzionale, sentenze nr. 348 e 349 del 24 ottobre 2007), oltre che degli artt. 24, 103, 111, 113 e 137 Cost.;
tutto ciò premesso
ritenuto
- che l’Italia è un paese con forma di governo parlamentare razionalizzato;
- che in Italia “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1, c. 2 Cost.);
- che tutti i poteri dello Stato derivano dal popolo direttamente, come in Parlamento, o indirettamente quando sono eletti dal Parlamento (Capo dello Stato) o al Parlamento rispondono (Governo);
- che persino il potere/ordine indipendente (potere giudiziario - Magistratura) emette le sue sentenze in nome del popolo italiano;
- che l’espressione più alta della partecipazione è costituita dal procedimento elettorale;
- che “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”(art. 67 Cost.) e, pertanto, se vuole rappresentare la nazione, il mandato gli deve essere conferito attraverso un procedimento elettorale conforme a Costituzione: è importante sottolineare che la rappresentanza della Nazione spetta ad ogni membro del Parlamento e non all’organo parlamentare. Alla stessa stregua la Nazione è rappresentata dal corpo elettorale e da ogni membro dello stesso;
- che l’esercizio della sovranità presuppone che la legge elettorale sia conforme alla Costituzione, altrimenti non sarebbe esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione;
- che il corpo elettorale, al pari del Parlamento, del Governo e del Capo dello Stato debba essere qualificato come organo costituzionale (Mauro Volpi in Diritto Pubblico Comparato, Giappichelli, Torino, 2007, pag. 369);
- che la sovranità è indivisibile e pertanto quella in capo al popolo appartiene al singolo elettore come appartenente al corpo elettorale;
- che l’art. 66 Cost. deve essere di stretta interpretazione, affinché l’autodichia del Parlamento non leda altre disposizioni costituzionali in particolare quelle dei diritti fondamentali, quali sono gli artt. 48, 49 e 51, nonché 24 della Cost.;
- che le disposizioni invocate a suffragio dell’estensione della competenza delle Giunte per le elezioni, quali l’art. 87 del D.P.R. 361/1957 e l’art. 27 del D.Lgs. 533/1993, per la loro natura e collocazione nella gerarchia delle fonti, inidonee ad interpretare/integrare l’art. 66 della Costituzione;
- che in particolare la situazione per la quale non vi sia un Giudice precostituito per legge competente ad esaminare un ricorso di cittadino elettore avverso, sia pure mediatamente attraverso l’impugnazione di un atto amministrativo, proposto prima delle elezioni al fine di poter esercitare il proprio diritto di voto in conformità alla Costituzione, costituisce lesione grave di principi elementari di ogni Stato di diritto e massimamente in un ordinamento di tipo parlamentare, quale è la Repubblica italiana;
tutto ciò premesso e ritenuto
l’on. avv. Felice C. Besostri promuove conflitto di attribuzione nei confronti dell’ordine giudiziario e del Parlamento, per affermare il proprio diritto costituzionale, quale componente dell’organo costituzionale “corpo elettorale”, di poterlo esercitare nelle forme e nei limiti della Costituzione, cioè di poter votare con una legge elettorale conforme a Costituzione e a tutela di questo diritto di poter avere un giudice precostituito per legge, che possa decidere del caso ovvero rimettere la questione alla Corte Costituzionale, unico organo competente a statuire sulla legittimità costituzionale della legge elettorale.
Allo stato abbiamo un conflitto di attribuzione negativo, in quanto la Magistratura si dichiara incompetente ed il Parlamento non ha mai affermato una tale competenza.
Nelle sentenze citate la magistratura amministrativa in primo grado ha risolto la questione come un problema di giurisdizione, ma affermando l’autodichia del Parlamento in realtà ha attribuito una competenza mai rivendicata e perciò in violazione dell’autodichia ha attribuito una competenza al Parlamento senza il suo consenso. L’autodichia si viola sia arrogandosi competenze del Parlamento, ma anche attribuendo al Parlamento competenze dallo stesso mai rivendicate e regolamentate.
In questa sede si sono volutamente tralasciate le questioni di merito costituzionale della legge elettorale vigente, che riguardano principalmente l’attribuzione del premio di maggioranza e le liste bloccate per violazione dell’art. 48, c. 2, sul voto uguale e gli artt. 56, c. 1 e 58, c. 1 sul voto diretto: i parlamentari eletti grazie al premio di maggioranza, non vincolati ad alcun quorum, non sono direttamente eletti bensì indirettamente da un meccanismo premiale incostituzionale.
Il ricorrente è consapevole della novità del presente ricorso, ma già la sua ammissibilità farebbe venir meno la violazione degli artt. 6 e 13 della C.E.D.U. con il rischio di una condanna, l’ennesima, dello Stato italiano.
L’ammissione di un ricorso individuale, sia pure limitatamente all’esercizio del proprio diritto ad un procedimento elettorale conforme a Costituzione, colmerebbe altresì la lacuna dell’inesistenza di un accesso diretto alla Corte Costituzionale.
Si pensi al fatto che sono stati ammessi simboli elettorali con la qualifica di “Presidente” accanto al nome del capo politico (art. 14 bis DPR 361/1957) della lista o della coalizione in spregio dell’art. 92 Cost. e delle conseguenti prerogative del Capo dello Stato, Presidente della Repubblica, senza che ci fosse una reazione a tale gravissimo fatto. In forza dell’orientamento della Magistratura l’organo competente a reagire sarebbero le Giunte delle Elezioni delle Camere elette, compresi i membri di quelle liste con contrassegno non conforme alla Costituzione.
Soltanto con l’ammissione si porrebbe rimedio ad una grave lacuna del nostro ordinamento, a prescindere dalla decisione di merito e si darebbe la possibilità alla Corte, come da essa auspicato, di poter essere investita nelle forme ordinarie del giudizio di costituzionalità della legge elettorale vigente, nonché di quella risultante dai quesiti referendari ammessi con le sentenze 15 e 16 del 2008.
In questa sede l’elettore rivendica l’attribuzione della funzione di esercizio del diritto di voto in modo conforme alla Costituzione. Nessun altro organo costituzionale o potere dello Stato può esercitare questa sua funzione né impedirgli di esercitarla in modo conforme alla Costituzione negando di diritto e di fatto l’accesso alla Corte Costituzionale attraverso la forma ordinaria di accesso, vale a dire quale questione incidentale nel corso di un giudizio instaurato.
Si producono i documenti partitamente citati dal nr. 1 al nr. 9:
1) certificato di iscrizione alle liste elettorali;
2) memoria Corte Costituzionale di “Per la Sinistra”;
3) ricorso TAR Lazio, sez. 2B, r.g. 1616/08 promosso dagli avv.ti Bozzi e Porqueddu;
4) intervento ad adiuvandum dell’on. avv. Felice C Besostri nel ricorso al TAR Lazio, sez. 2B, r.g. 1616/08;
5) sentenza TAR Lazio n. 1855/08;
6) Appello al Consiglio di Stato Bozzi e Porqueddu;
7) Memoria avv. Besostri innanzi al Consiglio di Stato
8) sentenza Cons. Stato n. 1053/08;
9) ordinanza Cons. Stato, sez V, n. 1744/08.
Con osservanza.
Milano/Roma, 7 aprile 2008
on. avv. Felice C. Besostri

1 commento:

Anonimo ha detto...

C'è, ma va correttamente investito: chissà che non ci riesca il PD?
v. ((http://www.fainotizia.it/2009/05/21/effetto-stocastico-della-legge-elettorale-denunciato-alla-corte-costituzionale))