In Inghilterra si discute sull’opportunità di prelevare e conservare il codice genetico dei bambini che mostrino comportamenti potenzialmente delinquenziali, così da poterli identificare celermente quando da potenziali i comportamenti diverranno reali.
Si parla di bambini della scuola elementare, già condannati ad un futuro di devianza sulla base di teorie sociologiche che sembrano tratte da un romanzo di fantascienza. Pestifero da piccolo, delinquente da grande è già un’equazione intollerabile nel suo cieco determinismo. Confermarla, preparandosi al momento in cui il discolo diventerà un criminale munendosi del necessario per poterlo identificare, solleva più di un interrogativo sul confine tra ciò che è lecito agli stati per garantire la sicurezza dei cittadini e ciò che è intangibile per garantire la dignità della persona e, quindi, la convivenza civile.
Stigmatizzare un bambino come un potenziale delinquente riporta alla mente altre epoche, in cui i “quasi adatti” venivano segregati e separati dal resto della società. La segregazione non sarà reale (per il momento), ma certamente sociale. A questo punto c’è da chiedersi se i funzionari di Scotland Yard che hanno avanzato la proposta, conoscano la forza delle profezie autoavveranti, perchè lo stigma, l’isolamento e l’esclusione sono fortissimi agenti criminogeni.
E dobbiamo chiederci che società abbiamo costruito, che ha paura persino dei bambini, ai quali sembra incapace di garantire un futuro sereno.
Ma a proposito del confine tra sicurezza e dignità, un altro edificante episodio è accaduto nel nostro paese.
L’inchiesta di Genova sugli aborti clandestini si è avvalsa di intercettazioni ambientali, previste dal codice per quel reato e quindi legali.
Però l’ambiente intercettato era lo studio del ginecologo indagato.
Perciò, per mesi, decine di donne, a loro insaputa, sono state sottoposte a visite ginecologiche collettive, problemi, ansie, domande sono state puntualmente ascoltate e sviscerate, segreti e pudori inesistenti.
Certo, le intercettazioni non pertinenti sono state distrutte, ma quelle donne sono state in qualche modo violate e quella dignità di cui tanto si parla è stata ridotta a carta straccia. E se si fosse trattato di un medico della psiche i suoi pazienti non avrebbero avuto maggiori garanzie.
Storie diverse, ma la questione di fondo è la stessa.
Fino a che punto certi diritti, certi contesti concreti e reali, possono essere ritenuti irrilevanti?
[M]
mercoledì 26 marzo 2008
L’abuso del codice
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giovedì 20 marzo 2008
E' MORTO IL CAPITANO DEI BASTONCINI
John Hewer, il più famoso capitano di tutti i tempi se ne è andato al creatore.
L'attore inglese John Hewer, icona internazionale della pubblicità, famoso per aver interpretato il ruolo di Capitan Findus, è morto, solo e quasi dimenticato, in una casa di riposo per attori di Isleworth, nel Meddlesex (Inghilterra). Aveva 84 anni. Iniziò la carriera come attore cinematografico nel 1951 recitando nel film drammatico "L'uomo in nero". Nel corso degli anni Cinquanta recitò in una ventina di film, in genere polizieschi o drammatici. Avviata la carriera teatrale, Hewer conquistò grande popolarità interpretando dal 1967 al 1998 il personaggio di Capitan Findus nello spot pubblicitario televisivo dedicato ai bastoncini di pesce prodotti dal marchio inglese all'epoca di proprietà di una società svedese. Nel corso di trentadue anni di attività pubblicitaria, Hewer è diventato una vera e propria icona dello spot tanto che, in base ad un sondaggio nel 1983, risultò come il marinaio più famoso del mondo subito dopo il personaggio storico del capitano Cook.
Debbo dire che io adoro i bastoncini di merluzzo fritti, rigorosamente fritti. Come adoro tutto ciò che e' fritto pur non essendo un cinese. Di questi tempi poi preferisco non essere proprio un cinese, visto che stò dalla parte dei tibetani!
Ma ritornando al piatto fritto mi ci ficco, adoro tutto ciò che causa vertiginoso innalzamento del colesterolo: bomboloni, paranza, schie (gamberetto di laguna per chi non è polentone), olive ascolane, mozzarelle, crema, banane, ananas, zucca, fiori di zucca, frittelle, canif, donzellette, cordonbleu, cotolette etc...
Ma ritorniamo al nostro capitano: è l'esempio di colui che è diventato il più famoso marinaio del globo "terracqueo" pur non avendo mai remato o navigato nemmeno nel laghetto dell'Eur.
Più o meno la stessa cosa di Veltroni, che è diventato il più famoso politico della centro-sinistra italiano pur essendo stato fino all'altro ieri solo ed esclusivamente comunista.
Più o meno la stessa cosa di Berlusconi, che è diventato il politico più famoso d'Italia pur non avendo mai avuto uno straccio di idea politica.
Più o meno tutta colpa di mia madre che per non farmi ingrassare non mi faceva mangiare merluzzo fritto! VAKABOIA!
Enrico
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lunedì 17 marzo 2008
Come (non) sposare un milionario
Il consiglio dato da Berlusconi ad una giovane precaria (sposi un milionario), è uno dei rarissimi squarci di verità della campagna elettorale.
E’ la confessione dell’impotenza di una intera classe politica di fronte ai fenomeni economici, cosicché per affrancarsi dal bisogno non si può che ricorrere al metodo Cenerentola.
Peccato che i milionari abbiano un paio di difetti: sono troppo pochi rispetto alla domanda e hanno la deprecabile tendenza a sposarsi tra di loro. La saggezza delle nonne non sembra sufficiente alla redistribuzione del reddito.
Bisognerebbe trovare altri rimedi, ma sono difficili da reperire per chi pensa di poter mettere insieme ogni cosa e il suo contrario, per chi vuole la benedizione di Confindustria e l’appoggio dei sindacati, la non belligeranza di artigiani e commercianti e l’indulgenza dei professionisti e così via e non sembra preoccuparsi della circostanza che il 10% delle famiglie detenga il 45% della ricchezza nazionale, perchè la lotta di classe non esiste più. Peccato che l’ingiustizia sociale non sia scomparsa, si sia solo diffusa...
Liberare veramente risorse richiede maggior coraggio, oltre a una visione più ampia del solo orizzonte italiano.
Ma le politiche europee sono scomparse dai programmi e questo è preoccupante, perchè denota una chiusura che non da’ alcuna garanzia sulla capacità di affrontare una crisi economica che non è solo nazionale.
E non parliamo della riforma della pubblica amministrazione, di una nuova concezione del welfare che non sia solo assistenza, ma anche sostegno e opportunità, di una revisione di un “federalismo” costoso, inefficace, anacronistico, ma tanto utile a spendere, spandere e creare consenso. Sarà un caso che persino l’abolizione delle province si perda in un groviglio di distinguo (solo alcune, solo quelle trasformate in città metropolitane, etc.)?
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sabato 15 marzo 2008
Spegnete quella torcia
E’ storia nota che le Olimpiadi segnavano una tregua sacra nelle guerre che sconvolgevano la Grecia antica.
Oggi le Olimpiadi – sacre al dio denaro – sono la ragione che giustifica la violenta repressione messa in atto in Tibet dalle autorità cinesi, ansiose di eliminare in radice ogni turbamento ai Giochi. La Cina si è impadronita del Tibet da più di mezzo secolo, cercando di sradicarne con ogni mezzo la cultura e la religione, per imporre l’ortodossia del partito, anche nella nuova versione capitalista.
Contro una repressione spietata condotta nei confronti di una popolazione armata soltanto della propria fede, sono molte le voci che si levano in Occidente, ma con quale credibilità?
La Cina è un colosso economico ed abbiamo già visto quale sia la sudditanza che ispira dal trattamento riservato al Dalai Lama in occasione dei suoi viaggi all’estero da troppi governi, il nostro in primis. Se aggiungiamo che agli atleti di stati come la Gran Bretagna è stato detto – dalle proprie federazioni - di astenersi da qualsiasi dichiarazione su ambiente, diritti umani e Tibet in occasione dei giochi, pena il rimpatrio immediato, non si può che trarre una conclusione: pecunia non olet e non importa si tratti del lezzo del sangue.
Il fuoco olimpico è già spento, ma i nostri democratici governi - pronti a esportare i diritti umani in altre parti del mondo - non lo dichiareranno.
Proviamoci noi cittadini, nelle azioni di ogni giorno, nelle merci da comprare, nelle gare da non vedere.
Cominciamo dalla fiaccolata silenziosa di lunedì, ore 18,30, davanti all’ambasciata cinese in via Bruxelles a Roma.
Piccole luci più luminose delle false torce della fratellanza tra i popoli.
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lunedì 10 marzo 2008
Non è ancora primavera
Ci sono tanti argomenti di attualità di cui parlare e di cui tutti parlano e ne parlano tanto che altre parole sembrano inutili.
Potremmo parlare della vittoria di Zapatero, che ci scalda il cuore, dell’addio di Prodi, ricco di così tante sfumature, un addio che sembra quello di Sansone, di Berlusconi che ieri ha veramente cominciato la campagna elettorale, delle liste elettorali che sembrano la settimana della moda (e ne parleremo) piene di modelli stravaganti che nessuna donna porterà mai, della bella stagione che ci ha illuso per un po’, ma non è ancora arrivata.
Però, in questi giorni, in queste ore di frenesia delle candidature ci sono tante storie che ci fanno capire che malgrado gli slogan e le fanfare dei manifesti, nella politica italiana non è ancora primavera.
Sono, in fondo, storie di amore e di abbandono.
Sono le storie dei voltagabbana, vecchi e giovani.
Ce ne sono tante e chi ne è protagonista vanta sempre una buona ragione per aver abbandonato chi ne ha condiviso la vita e la passione.
E così si tirano in ballo gli ideali, la necessità di portare la lotta nel sistema (di qualcun altro), le ingiustizie patite, le folgorazioni sulla via di Damasco, la responsabilità verso i propri elettori, la convinzione che l’esperienza maturata sia irrinunciabile per la nazione e quindi dia diritto a stare nelle istituzioni, comunque e dovunque.
Si invoca sempre la sincerità di un amore per una idea, che non c’è mai stato davvero, privo di forza e di passione, privo dell’idea di sacrificio. E chi resta, chi è abbandonato, fa i conti – proprio come un innamorato respinto – con la delusione, con la rabbia, con il tradimento, con la sensazione di essere un po’ fesso, perchè quell’idea la vuole difendere, anche rimanendo un soldato semplice.
Ma senza fede non c’è avvenire, per gli individui e per le nazioni.
Saremo idealisti o forse ingenui, ma noi crediamo in un’altra primavera.
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martedì 4 marzo 2008
Sebben che siamo donne...
...non aspettiamoci aiuto le une dalle altre per sfondare il tetto di cristallo.
A coloro che ancora sognano la sorellanza è bene segnalare l’articolo di Lucia Annunziata su La Stampa di oggi. Parlando di Hillary Clinton, osserva: “... si sente un’aria di esplosione dei pregiudizi nelle osservazioni minuziose che le si fanno, negli insulti che ci si permettono, nell’ironia su difetti fisici, le corna subite, la natura delle ambizioni, che mai a un uomo sarebbero propinati con tale gusto e ferocia. Ora che sta perdendo, insomma, Hillary assaggia per la prima volta (?!) l’amaro pane della condizione di donna: la violenza che si scatena con gusto sul sesso debole.”
E, non paga né doma, prosegue: “E’ un amaro specchio, quello in cui Hillary ci ha fatto mirare. Una storia che da donne conosciamo bene: non importa quanto lavori, ci sarà sempre alla fine un uomo che, con passo leggero e un sorriso, ti sorpassa sul filo e ti lascia dietro.”
Sarà ora di reagire? Si chiede l’ignara lettrice. Sarà ora di farla finita con i due pesi e le due misure? Sarà ora di sbattere porte sul muso ai sorridenti acchiappafarfalle, meno bravi di te e che ti fregano sempre perchè anche le donne ritengono di vivere nella società degli uomini e gli fanno largo con ancillare devozione?
E la Annunziata risponde: “ La sconfitta la rende umana e – anche sostenendo ancora con la mente Obama (l’uomo sorridente)- a questa umanità, come donna, oggi mi inchino”.
Con un’amica così, le donne che vogliono sfondare il tetto di cristallo non hanno bisogno di altri nemici.
[M]
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